Vermiglio a Giffoni: “Argento olimpico nel 2004, delusione e orgoglio”

GIFFONI VALLE PIANA (Salerno) – Valerio Vermiglio ha 48 anni ed è un fiume in piena: non vuole smettere di giocare a pallavolo nonostante il suo palmares – da palleggiatore – sia di livello assoluto. Basti pensare a 5 scudetti, 3 Coppe Campioni, 2 Coppe Cev, 2 titoli europei con la nazionale azzurra e anche la finale olimpica raggiunta nel 2004 e persa contro il Brasile ad Atene. Quella medaglia d’argento ai giochi resta però un traguardo di livello assoluto, che è bello ricordare 20 anni dopo alla vigilia del via alle Olimpiadi di Parigi. Valerio Vermiglio si è concesso ai giovani giurati di Giffoni Sport con simpatia e intelligenza. E poi per lui anche una chiacchierata con Radio Sportiva. 

Non smetti mai di giocare, Valerio. “Sono del ’76. Continuo a giocare a pallavolo perché la pallavolo, la passione, lo sport è una malattia. Mantenersi con questa malattia vuol dire mantenersi sempre nella giusta condizione”.

La medaglia d’argento alle Olimpiadi nel 2004. “Rimane una partita per cui mi resta la pelle d’oca. Ricordiamo che la medaglia d’argento è l’unica che si assegna con una sconfitta. E’ stata però quella mia prima Olimpiade, il coronamento di un sogno. Sin da piccolo pregavo di diventare un campione della pallavolo. E’ stato quel momento in cui col gruppo di Treviso avevamo vinto le prime volte. Fu il trampolino di lancio per continuare la mia splendida carriera” dice Vermiglio a Sportiva.

Perché l’Italia non ha mai vinto una medaglia d’oro alle Olimpiadi nella pallavolo, nemmeno negli anni ’90 dei fenomeni? “Io posso raccontare la mia esperienza. Quelli prima di me hanno una loro storia per non essere arrivati in fondo. Per quanto riguarda la nostra storia, eravamo un gruppo misto che voleva restare importante che si è scontrato col Brasile, un gruppo che aveva caratteristiche simili alla nostra e che le ha messe meglio in pratica. La mia esperienza su quel podio fu quella di essere deluso perché non eravamo riusciti a vincere. Ma ero anche emozionato perché ero arrivato all’ultimo giorno, quasi sul podio più alto. Un’emozione che mi avrebbe cambiato la vita”.

Le difficoltà affrontate nella vita, non solo nello sport. “Essere sportivi o meglio essere di successo non vuol dire non soffrire anche per scelte tue non particolarmente adatte. Vuol dire saper restare duri, saper rimanere resilienti. La parola che oggi conosciamo. Ovvero rialzarsi per guardare in faccia quello che ti capita. Non è una vergogna quando piuttosto un punto di forza e di condivisione. Ognuno trova il suo, sapendo che chi come me ha avuto più di un momento di difficoltà ma può sempre continuare a vincere perché è l’attenzione e intenzione dei miei comportanti che fa la differenza” racconta Vermiglio a Sportiva.

Giocherai fino a 50 anni? “Io giocherò finché il mio fisico me lo permette. La mia passione è grande. Ho 48 anni, gioco senza fare allenamenti particolari. Mi piacerebbe fare un record, giocare fino a 60 o 65, chissà. Nella prossima stagione sarò all’SS Lazio come tecnico, poi vediamo. Ho rischiato di andare in Bulgaria. La mia missione, il mio obiettivo è quello di rimanere vicino al mondo dei ragazzi così come Sport e Salute e il Team Illumina mi dà la possibilità” racconta Valerio Vermiglio.

E allora buone Olimpiadi. “Buone Olimpiadi a noi che le guardiamo, loro le soffriranno per l’adrelina che vivranno…”

di MARCO BISACCHI

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